Abbiamo davanti a noi una crisi economica e sociale senza precedenti: basti pensare che si preannuncia un calo del PIL italiano per il 2020 dell’11.2%, record della zona euro. Dietro a quel numero si nascondono aziende che chiudono, posti di lavoro che saltano e famiglie in difficoltà.

Come ogni crisi economica, anche quella innescata dal lockdown ci sta restituendo l’immagine di una società in cui le disuguaglianze sono ancora più profonde di prima ed in cui a fare le spese del danno economico sono principalmente le categorie che si trovano ad essere più esposte, donne e giovani in primis.

In Italia il più grande problema per i giovani è al tempo stesso estremamente banale e molto difficile da risolvere: il raggiungimento di una piena autonomia economica.

Nel nostro Paese emanciparsi economicamente dalla propria famiglia di origine è per molti una faccenda complicata, che nella maggior parte dei casi avviene ad un’età molto più avanzata rispetto agli altri Paesi europei, mentre in altri casi non avviene mai completamente.

Questo tema, inutile dirlo, ha un impatto fortissimo sulla scelta di tantissimi ragazzi e ragazze che ogni anno si trasferiscono all’estero: in questi anni il dibattito pubblico si è concentrato sul tema dell’immigrazione, mentre abbiamo perso di vista il tema cruciale dell’emigrazione di un numero imponente di giovani italiani, che nell’estero vedono un luogo in grado di offrire possibilità che l’Italia non riesce a garantire.

Ogni tanto mi sembra che ci siamo quasi abituati all’idea che un giovane sia destinato a cercare fortuna altrove, perché il nostro Paese non può garantirgli lo stesso stipendio che riceverebbe in Germania o in Francia, né lo stesso tipo di sicurezza sociale, di sostegni ed incentivi.

La politica deve dare una risposta, dunque, a due problemi che in realtà sono due facce della stessa medaglia: quello di chi resta a vivere in Italia ma fatica a costruirsi un futuro e quello di chi, non vedendo alternative, ritiene che il futuro possa essere solo altrove. La crisi economica che affronteremo nei prossimi mesi – e, probabilmente, anni – non farà che aggravare ed inasprire queste criticità: ora più che mai, quindi, è di fondamentale importanza mettere in campo un progetto che permetta, se non di invertire la tendenza, almeno di arginarla.

Dunque, nonostante il problema in questione sia chiaramente ben più grande del Veneto, ci sono decisioni importanti che si possono prendere a livello regionale per restituire alle generazioni più giovani del nostro territorio una prospettiva di futuro, con la possibilità di acquistare o affittare un appartamento, pagare i propri studi, avviare attività economiche o culturali, senza essere costretti a fare affidamento sulle finanze dei propri genitori (che, peraltro, in molti casi vedranno a loro volta le proprie finanze assottigliarsi nei mesi a venire) o senza doversi pensare necessariamente proiettati all’estero.

Nello specifico, in Liguria è stata presentata una proposta di legge regionale, che ha come primo firmatario il consigliere regionale Luca Garibaldi, volta a dare un sostegno ingente e diffuso agli under30 per favorirne l’autonomia e permetterne la permanenza sul territorio, che vogliamo riproporre in Veneto, con i dovuti aggiustamenti e tutte le specificità del caso.

Il piano di sostegno ai giovani si articolerebbe in vari modi, come previsto dalla proposta ligure. L’idea si basa su un fondo che, al compimento della maggiore età da parte dei beneficiari, eroghi aiuti economici sufficienti a permettere loro di rendere concreti i propri progetti di autonomia, sia essa lavorativa, formativa o abitativa. Il fondo, peraltro, potrebbe agire anche in chiave di garanzia ed investimento per alcuni tipi di azioni definibili “di cornice” e connesse all’autonomia delle nuove generazioni: come fondo di garanzia per l’acquisto di prima casa, come strumento di tutela relativa a casi di morosità incolpevole, ecc.

Il funzionamento è molto semplice: la selezione dei beneficiari avverrebbe in base all’ISEE del nucleo familiare di appartenenza ed ogni beneficiario sarebbe tenuto a presentare un proprio progetto (di ambito lavorativo, educativo, abitativo) in cui spieghi in che modo avrebbe intenzione di spendere la somma corrispostagli.

Il Veneto perde migliaia e migliaia di propri giovani ogni anno: persone che, se ne avessero la possibilità, magari sarebbero contente di rimanere qui oppure farebbero esperienze altrove per poi fare ritorno nel nostro territorio.
Vogliamo infatti essere chiari: il problema non è il fatto che i giovani scelgano di trasferirsi all’estero ma il motivo per cui lo fanno.
Il Veneto non può rassegnarsi al declino ma deve tornare ad essere un terra di opportunità, dove chiunque lo desideri possa realizzare i propri sogni e le proprie ambizioni senza doversene andare.

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