Oggi in Sesta Commissione a Palazzo Ferro Fini per il report di Veneto Lavoro sul 2021: dalla relazione del direttore della struttura Tiziano Barone è emerso un quadro con luci e ombre.
In primis una grande difficoltà a reperire alcune figure professionali, a partire dal settore turistico e ricettivo (camerieri, cuochi, baristi) ma che interessa anche ampi settori dell’industria (ad esempio gli operai nel settore metalmeccanico ed elettromeccanico). Ma anche che il 60% delle persone attualmente disoccupate sono prive di competenze e strumenti digitali di base: un dato che colpisce e che indica come la formazione in questo campo sia un intervento necessario. L’altra grande questione è quella delle dimissioni volontarie: nei primi cinque mesi del 2022 i lavoratori veneti che hanno abbandonato spontaneamente il proprio impiego da dipendente a tempo indeterminato sono stati 51.600, il 32% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il 44% di essi è stato però assunto da un’altra azienda entro una settimana e il 57% nell’arco di un mese. Segno che in questo momento in alcuni settori la richiesta di lavoratori è così forte che tanti lasciano il posto di lavoro perché trovano un altro impiego, che evidentemente considerano migliore.
Il Commissario Europeo al Lavoro Nicholas Schmit in una recente intervista al Sole 24 Ore ha sottolineato però come nel nostro Paese resti molto alto il tasso di disoccupazione giovanile, sia a causa dell’alto tasso di abbandono scolastico, sia del disallineamento delle competenze tecniche disponibili con quelle effettivamente richieste nel mondo del lavoro. In particolare, in Italia, come in altri paesi europei, sono poco valorizzati i mestieri tecnici o professionali (professioni informatiche, a quelle legate all’edilizia, salute, alla cura delle persone).
Ciò dipenderebbe, secondo Schmit, sia dai salari bassi, sia dal fatto che l’istruzione non vale più come “ascensore sociale. Ecco perché bisogna agire fin dai primi anni di scolarizzazione e ridefinire il contratto sociale”.
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