DATA PERSONALIZZATA

06/08/2020

Mi è capitato più volte di leggere le riflessioni del prof. Paolo Gubitta e di altri economisti sullo stato di salute del Veneto, basate su dati e analisi dei numeri. Uno dei punti più dolenti in queste analisi è la fuga dei giovani che, appena diplomati o appena laureati, se ne vanno dal Veneto perché trovano opportunità migliori fuori dai confini regionali. E non parliamo solo di spostamenti verso le grandi capitali economiche del nostro pianeta, ma anche verso la vicinissima Emilia Romagna che, solo nel 2017, ha avuto un saldo migratorio positivo del +15,3% tra i laureati, mentre il Veneto ha fatto segnare un -4,6%. Sono quasi 20 punti percentuali di gap tra due Regioni confinanti, un dato che fa impressione.

Attenzione, però, che il problema non è tanto il fatto che ci siano molti giovani che se ne vanno, bensì il fatto che ci siano pochissimi ragazze e ragazzi che arrivano qui da altri territori: è il segnale di una scarsa attrattività, del fatto che tanti di quelli che se ne vanno da qui non lo fanno per scelta ma perché capiscono che restando non possono realizzare i propri obiettivi di vita.

Le motivazioni sono tante e le responsabilità della Regione su questo fronte pesano come un macigno. Pensiamo alla totale assenza di una strategia sul trasporto pubblico, sia su ferro sia su gomma, dall’abbandono del progetto della SFMR (la “metropolitana di superficie”) all’attesa senza fine del “biglietto unico integrato” per bus e treni. Ma pensiamo anche all’incredibile lentezza nel potenziare le infrastrutture digitali a servizio dei cittadini e delle imprese o allo scarsissimo interesse nell’incentivare i processi di digitalizzazione, ma anche alla totale assenza di una strategia nel pensare ad un nuovo modello di sviluppo che abbia al centro la transizione energetica. Infine, in Veneto non è rimasto praticamente nessun centro direzionale importante: i poli bancari e assicurativi, le fiere, le aziende municipalizzate si stanno progressivamente spostando in altre regioni del Nord Italia e persino la gestione delle strade è ritornata in capo ad Anas a Roma.

Ci restano, per fortuna, uno straordinario tessuto industriale, che ancora regge il Veneto sulle sue spalle, qualche specializzazione importante in agricoltura ed un turismo dalle potenzialità straordinarie ma messo in seria difficoltà dalla pandemia.

Il Covid ha messo a nudo con ancora maggior crudezza queste fragilità e ha reso ancora più urgente la necessità di costruire una prospettiva diversa per il nostro territorio. Una prospettiva che parta da una consapevolezza: il Veneto è una grande città metropolitana, con le sue zone urbane, con le aree rurali e collinari, con le sue montagne e con il suo mare. Ma perché non sia così solamente su Google Maps o nelle foto fatte dall’alto con i droni, serve un disegno per il Veneto che sia in grado di connetterlo al suo interno e al resto del mondo.

Dal punto di vista fisico, a partire dagli investimenti sul trasporto pubblico (e penso in particolare al trasporto su ferro e al recupero del progetto sulla metropolitana di superficie) e sulle infrastrutture digitali, ma anche dal punto di vista immateriale, mettendo in rete le università e i centri di ricerca, investendo su una promozione turistica comune e sulla messa in rete delle istituzioni culturali.

Il tempo del “piccolo è bello” e del “chi fa da sé fa per tre” purtroppo è finito. E’ stato alla base della fortuna del Veneto per decenni, oggi rischia di segnarne il declino. Oggi è il tempo del lavoro in rete, dell’aggregazione, della costruzione di percorsi condivisi e collettivi: il “segno grafico” della nostra campagna elettorale è proprio il tracciato di una metropolitana con i pallini che segnano le stazioni, per dare il senso di questo lavoro di rete e di collegamento tra i territori.
Qualche anno fa c’era un partito, guidato da Oscar Giannino, che si chiamava “Fare per fermare il declino”. Ecco “fare” da solo non è più sufficiente per “fermare il declino”. E’ necessario aggiungere la parola “rete”, come nel titolo di questo post. Ed è proprio questo il “Veneto in rete” che vorremmo costruire e che proveremo a raccontarvi nelle prossime settimane, passo dopo passo.
declino

 

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