In questa Festa dei Lavoratori c’è poco da festeggiare.

I dati ci dicono che, mettendo a confronto febbraio 2020 e 2021, in Italia ci sono circa 900mila occupati in meno. Inoltre, ad allarmare è la massiccia crescita, oltre che del tasso di disoccupazione, del numero degli inattivi, cioè di quelli che un lavoro non lo stanno nemmeno più cercando: sono 700mila in più.

Sia chiaro: a patire i devastanti effetti economici dell’oltre un anno di pandemia non è stata questa o quell’altra categoria specifica, ma tutti: uomini e donne, giovani o meno. C’è tuttavia chi è stato più colpito dall’emergenza sanitaria e – con scarsa sorpresa – si tratta proprio di chi già prima era lavorativamente svantaggiato: giovani e donne, appunto.

A dicembre 2020 l’Istat registrava una disoccupazione giovanile al 30%, in aumento dell’1,3% sul 2019: peggio di noi in Europa solo Grecia e Spagna. I giovani italiani, in generale, hanno pagato e pagheranno – oltre alle inevitabili conseguenze della pandemia – il preoccupante gap di competenze acquisite in età scolare (tra il 30 e il 50 per cento ha lacune gravi in matematica e lingue) e un tasso di laureati tra i più bassi in Europa (nel 2018 al 27,8% contro una media europea del 40,7%). Inevitabile conseguenza di tutto ciò è che l’Italia è il Paese dell’UE col numero più alto di NEET, cioè coloro che non lavorano ma non sono nemmeno iscritti ad alcun corso di studio o di formazione.

Per quanto riguarda le donne, la situazione non è certo migliore. Basti pensare che la percentuale di donne che ha perso il lavoro nel 2020 è stata doppia rispetto a quella degli uomini, con un gap nell’occupazione fra uomini e donne che era già enorme prima dell’emergenza sanitaria (17,8 punti percentuali a favore dei primi) e che è andato solo ad ampliarsi (oggi i punti sono 18,3). Ovunque si guardi nel mercato del lavoro ci si accorge che, se per tutti c’è una montagna da scalare, le donne devono farlo a piedi scalzi.

Ad indicarci la luce in fondo al tunnel e ad accompagnarci verso l’uscita potrebbero essere i fondi del PNRR presentato dal premier Draghi negli scorsi giorni, che per giovani e donne – oltre che per il mondo del lavoro in generale – potrebbe rappresentare un reale, attesissimo punto di svolta.

Dobbiamo far ripartire chi abbiamo lasciato indietro e costruire un Paese capace di affrontare le sfide che lo aspettano al varco. Una sfida titanica, alla quale tuttavia non possiamo e non dobbiamo sottrarci, tantomeno in un momento in cui, con i fondi europei, abbiamo in mano buona parte del nostro destino.

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